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I MIRACOLI

IL PRIMO MIRACOLO

Purtroppo, i maomettani erano sempre in agguato e per sfuggirli bisognava attraversare boscaglie impervie su sentieri da capre. Nicodemo era alla guida di una colonna di profughi quando all'improvviso vengono circondati dagli infedeli. Scene di panico, grida, urla mentre i saraceni li caricano di catene e li avviano verso le coste dello Ionio. Sembra che non ci sia scampo alcuno. Nicodemo rincuora, aiuta come può le povere mamme a portare i bambini, sorregge i vecchi, ma la sua mente è immersa in preghiera. Cammina come un automa.
Durante una sosta la sua preghiera si fa più pressante ed a lui si uniscono i suoi compagni di sventura. Ed ecco il miracolo.
Per una giovane donna contesa da alcuni capi arabi, scoppia una furiosa rissa che si trasforma in una immane carneficina. Si uccidono tra di loro; i superstiti fuggono disperati. Nicodemo e la sua carovana, così la povera fanciulla contesa, sono salvi. Si inginocchiano ai suoi piedi per ringraziarlo, ma Lui: « Non dovete ringraziare me, umile frate e povero peccatore; dovete rivolgere la vostra mente a Gesù, perché egli solo può operare i miracoli ».
La fama di questo arcano evento ben presto si sparge per ogni contrada e dovunque mette piede è accolto con manifestazioni calorose di giubilo, perché ormai la gente vede in Lui il consolatore, il protettore.
I poveri lo reclamano, gli assetati di giustizia lo vogliono vicino a loro, popolose comunità vorrebbero che si fermasse, perché dove Lui si ferma, ivi v'è pace e giustizia.
La sua presenza tra le popolazioni afflitte da mille preoccupazioni non è solo sinonimo di protezione e di speranza; egli è il pacificatore per eccellenza, specie quando sorgono controversie tra i gruppi etnici delle varie province calabresi per il possesso di questa o quella località, o quando qualcuno, approfittando della triste situazione, tenta di trarre illeciti profitti.
Per questi suoi grandi meriti è reclamato, atteso, osannato dalla gente, che gli chiede di fermarsi, di gettare le basi della sua comunità là dove ferve la vita, dove pulsano di più le attività umane. Se facesse ciò tradirebbe se stesso e la regola monastica alla quale si è votato; un monaco basiliano, secondo quanto aveva stabilito S. Basilio, non può in alcun modo legarsi ad affetti terreni o a cose materiali che possano distoglierlo dal vero scopo della sua vita.
II suo apostolato deve svolgersi in mezzo agli umili, ai diseredati, agli assetati di giustizia, ma in pari tempo deve essere sublimazione di sé, elevazione verso il soprannaturale attraverso una mortificazione personale che gli dia la forza necessaria di debellare gli istinti della materia per la vittoria completa dello spirito.
In mezzo al turbinio della vita, delle passioni umane, dei turbamenti, che improvvisamente attanagliano il corpo e la mente non si può raggiungere la completa serenità. Egli ha bisogno di pace e di solitudine, perché il suo vero ideale si possa realizzare; per troppo tempo è stato coinvolto dagli avvenimenti, è giunto il momento di dare una svolta decisiva alla sua vita.


NICODEMO INTERVIENE PER LIBERARE LA SPOSA RAPITA

La fama dell'umile frate di S. Basilio ben presto varca gli angusti confini del bacino della vallata del Torbido per echeggiare in molte parti della Calabria. Folle sempre più numerose accorrono a Lui per avere consigli, per una preghiera, per avere protezione morale e fisica. Egli è veramente un trascinatore e come tale viene eletto, a furor di popolo, capo, guida in un momento triste della storia della Calabria.
A Lui si rivolge in modo particolare la gente più umile, più povera, gli emarginati, gli oppressi. Verso di essi svolge coraggiosamente la sua azione pastorale che in molti casi si trasforma in un'incisiva azione sociale in difesa dei diritti umani e civili calpestati da chi detiene nelle mani il potere politico ed economico.
E Nicodemo si scontra ben presto con la cosiddetta autorità costituita che non poggia sulla volontà popolare, ma sulla sopraffazione e sull'arbitrio. La lotta che il Santo conduce è ad armi impari, ma è sorretto dalla forza morale e dalla sua fede per la quale è disposto a sacrificare anche la sua umile vita in difesa degli ideali di giustizia e di carità. Giorno dopo giorno, Nicodemo è accanto a chi soffre, è sempre presente dove è necessario combattere l'ingiustizia, specie se sono i corrotti signorotti del tempo ad approfittare della loro potenza. La tradizione popolare che affonda le radici nell'agiografia del Santo ci propone infiniti episodi, aneddoti molto significativi sull'opera del Basiliano. Per tutti vale ricordare quanto ci ha tramandato l'Apollinare Agresta sulla tempra e sulla forza morale di Nicodemo.
Il feudatario del luogo, che abitava in un grosso castello piantonato da una sbirraglia senza scrupoli, si era invaghito di una bella e formosa forosetta sposata ad un giovane contadino. Visti inutili tutti i tentativi di se-durla, applicando quell'inumana prerogativa feudale secondo la quale anche i sudditi appartenevano di fatto al signore del luogo, la fa rapire e portare nel suo maniero.
Il povero marito, solo ed indifeso com'è, ha solamente il coraggio di rivolgersi a Nicodemo, perché lui solo può ottenere di liberare la compagna della sua vita. Il Santo, che già sapeva molte cose sul conto di quest' ineffabile cavaliere e con il quale già si era scontrato per altri gravi fatti, non ultimo il Jus primae noctis, immediatamente va a trovarlo nella sua fortezza. Non appena lo scorge, con fare calmo e dignitoso, in nome di Dio, lo prega di restituire al legittimo consorte la ragazza prigioniera. Per tutta risposta, il violento nobilotto ordina ai suoi servi di cacciare via il fraticello senza nessun riguardo per la sua veste.
I luridi sgherri accorrono con un ringhio di gioia, ma quando stanno per alzare le mani sul Santo si fermano come fulminati. Le mani alzate, gli occhi che sembrano due fiammelle « credi forse di impaurirmi con le tue minacce » gli dice « non sai che né le percosse, né la morte stessa possono spaventarmi. Pentiti finché sei in tempo prima che la punizione di Dio cada sul tuo capo ». Quindi, con incedere solenne, per nulla intimorito dalla presenza di quei brutti ceffi ritorna sui suoi passi.
Non trascorrono più di cinque o sei ore. Il meschino nobiluomo sale sul suo cavallo per il consueto giro nei suoi vasti possedimenti. Giunto sul ciglio di un orrendo precipizio, il cavallo si impenna, e il superbo cavaliere rotola per tutta la china andandosi a fermare in un posto dove solamente i corvi si posano per fare il nido.
Mortalmente ferito, invoca aiuto, ma la gente non sente verso di lui nessun senso di pietà. Vi rimane parecchie ore. Appena il Santo viene informato dell'accaduto, con alcuni volenterosi, dopo inauditi sforzi, riesce a portarlo su, morente. Prima di spirare ha il tempo di chiedere perdono e di raccomandare a Nicodemo quella povera ragazza chiusa nelle segrete del castello.
Il Taumaturgo, al pari di Cristo che dall'alto della Croce aveva perdonato i suoi nemici, alzò la mano in forma di croce sul capo insanguinato del povero peccatore e corse via a liberare la fanciulla prigioniera e rimandarla al marito. « Vai », le disse « la misericordia di Dio è grande, prega per chi ti ha fatto tanto male ».

IL SANTO VIENE MORSO DA UNA VIPERA

II senso di carità e di altruismo di cui era dotato il Santo non si fermava solo al genere umano, ma si concretizzava per tutte le creature viventi, piante ed animali compresi, per i quali aveva un grande rispetto. La sua devozione verso la natura rappresenta per noi del ventesimo secolo una lezione di vita e di comportamento che deve farci meditare profondamente.
Il modo di concepire e di interpretare le varie componenti del creato richiamano la nostra attenzione su uno dei problemi più impellenti di questo scorcio di secolo. Si parla tanto di ecologia, di difesa della natura e Nicodemo è un ecologo « antelitteram » ossia un precursore di una scienza che gli uomini hanno riscoperto dopo secoli di guasti e distruzioni. Nicodemo e i suoi monaci sono intenti a coltivare il loro campicello; lavorano come se pregassero. Come umili e fedeli seguaci di S. Basilio il Grande essi sanno che è attraverso il lavoro che l'umanità è in grado di riscattarsi dalla fame e dall'abbrutimento morale e materiale.
Il santo è intento a sradicare delle erbacce, quando una vipera si avventa con furia sul suo braccio mordendolo.
La vipera nesciu mu si lu mangia Li santi patri si armaru a li ferra stacimu attenti a diu nommu ndi mangia.
Così recita la popolare « grazione » in merito a questo episodio. La stessa continua:
Posati ss'armi e cessati ssa guerra non ndavi curpa ca ija non parla.
I monaci avrebbero ucciso la vipera, ma il Santo si oppone, compiendo in tal modo una grande opera ecologica; dopo tutto, il veleno della vipera non gli procura alcun danno ed il miracolo è completo. Questo fatto straordinario ci ricorda che anche le creature che apparentemente possono arrecare danno all'uomo hanno diritto alla vita, perché è anche dalla loro sopravvivenza che dipende il futuro dell'umanità.

LIBERA ALCUNE PERSONE DAI LADRONI

Questi episodi miracolosi si diffondono fulmineamente, sono sulla bocca di tutti; uomini di ogni ceto sociale e dalle contrade più sperdute vanno a lui. Sulle rive dei due mari, cioè sulla costa dei gelsomini e sulla costa viola, la sua fama è ingigantita dal racconto dei suoi molti miracoli. Chi si trova in pericolo, chi è ammalato, invoca il suo nome.
Si narra di un gruppo di viaggiatori, i quali in contrada Pilla di Mammola, vennero fatti prigionieri dai banditi. Non c'è scampo per i poveri malcapitati. Uno di loro si ricorda di trovarsi nella terra di Nicodemo e lo invoca a voce alta. Mistero della fede! Sopraggiungono in quel preciso istante dei cavalieri che mettono in fuga i briganti liberando i poveri viaggiatori.
Al Santo la gente non si rivolgeva solo per ottenere la salute del corpo o per essere protetta dalle calamità naturali. A lui portava gli indemoniati, gli ossessi, perché solamente lui aveva la forza di scacciare i demoni, Lui vincitore dei demoni.

IL MIRACOLO DELL'ARGAGNARU (Venditore di pentole - Vasaio)
II Santo, oltre a condurre una battaglia accanita contro prepotenze, ingiustizie e l'immoralità, con il suo esempio ci dimostra che prima di ogni cosa è necessario combattere l'egoismo che in fondo è la causa di tutti i mali del mondo.
Mentre è intento a pregare inginocchiato nei pressi della strada della Seja, diventata ormai per la sua presenza più frequentata, scorge un asino carico di pentole ed altri utensili di terracotta guidato dall'argagnaro. Nicodemo vuole subito saggiare la generosità di costui, che doveva provenire dalle parti di Seminara dove la lavorazione della creta è antichissima. « Mastro Giusi, avrei bisogno di quella (chianeja), cioè di quel pentolino più in alto; datemelo, per carità, ne ho proprio bisogno per cuocere le ghiande » gli dice Nicodemo. E mastro Giusi di rimando « se non avete soldi per pagare, le ghiande le potete mangiare crude come i porci ». E continua la discesa verso il Torbido che già faceva sentire il suo sinistro frastuono.
Non ha il tempo di fare pochi passi che asino e padrone con tutto il carico rotolano per la china fermandosi ad un provvidenziale cespuglio. Sembrava che delle terrecotte si dovesse raccogliere un ammasso di cocci; invece! Illesi carico, bestia e padrone. Solo una pentolina, proprio quella che aveva chiesto il Santo si era rotta. L'argagnaro, non credendo ai propri occhi, corre dal monaco e si inginocchia davanti « perdonate la mia avarizia e prendete quel che volete » gli dice. « Vai in pace » gli risponde Nicodemo « e ricordati che la prima grande virtù dell'uomo è la carità ».
Nicodemo continua instancabilmente la sua opera fra la gente che vive nei dintorni del Cellerano e, in modo particolare fra le popolazioni scampate alla furia dei saraceni che si sono attestate nelle zone più interne, lontane dalle marine. Sono comunità in preda al panico che non hanno un'abitazione e non sanno se il posto prescelto sarà la dimora definitiva. In mezzo a questi profughi si prodiga oltre ogni limite. Incoraggia, infonde fiducia nell'avvenire, pacifica e compone le controversie.

FONTE:
I SANTI DI CALABRIA
NICODEMO DEL CELLERANO

DI STEFANO SCARFO' E GUSTAVO RASCHELLA'


 LE VOSTRE TESTIMONIANZE DI VINCENZO GALLO

Miracolo di San nicodemo avvenuto circa 50anni fa......
raccontato da mia mamma che abitava in una sperduta campagna nella piana di gioia tauro:::::mi chiamoRita ero la quinta di 9 figli all'epoca avevo circa 12 anni e quell' inverno mia mamma aveva contratto una brutta malattia e il medico non le aveva dato speranza di vita ..noi bambini eravamo disperati e non sapevamo come poterla aiutare.io disperata quella notte dopo aver tanto pianto mi addormentai nel pagliaio dove abitavo con la maggior parte dei miei fratelli.....mentre dormivo in sogno mi ricordo che era venuto un signore con la barba e vedendomo piangere mi disse cosa avevo ,io gli spiegai la situazione e lui mi disse di andare al pozzo e prendere dell'acqua bagnare uno straccio che mi aveva dato e metterlo in testa a mia mamma,lo feci (sempre in sogno)e poi lui mi riassicurò , che mia mamma nn sarebbe morta....io gli chiesi come si chiamasse e dove abitava in quanto non l'avevo visto mai da quelle parti:mi disse..io mi chiamo Nicodemo vicino a me la fiumara scorre in su (infatti rispetto a noi della piana che l'acqua scorre al contrario))e dalla mia casa e tanto alta che vedo tutto....io gli chiesi cosa gli dovevo dare per la guariggione di mia mamma ::::e lui mi disse:::compra dello stocco e portalo a casa mia che lo mangeremo insieme::al mattino svegliandomii mi ricordavo tutto,corsi da mia mamma e la vidi seduta in mezzo al letto,non aveva più la febbre , ele chiesi come stava ,lei mi disse di stare bene,le raccontai la storia del sogno e lei non mi credette.....passarono gli anni e mi sposai ed andai a vivere a cinquefrondi,un giorno era di quasi fine estate si andava in pellegrinaggio a mammola chi a piedi chi con il carro ,andammo io e mio marito noi avevamo una vespa ed ero incinta del mio primo figlio,,,mentre passavamo le montaggne ammiravo il panorama , osservavo ma mi ero dimenticata di qulla storia di mia mamma,arrivammo li quando entrai n chiesa riconobbi quell'uomo(S:Nicodemo )ma nn mi ricordavo come e il perchè,,,sie era fatto tardi e le persone chi si avviava perrientrare a casa e chi soggiornava vicino alla chiesa per passare la notte la...io avevo una fame pazzesca,avevamo portato da mangiare ma nn mi saziava .mio marito entrò in una trattoria per comprare qualcosa ma il propietrio gli diceva che era finito tutto ma che c'erano solo due pezzettini di stocco,io accettai e mi sedetti per consumarli,,appena ho messo una scaglia di quello stocco in bocca lo stomaco si chiuse e diventai sazia come non mai,subito come un fulmine mi venne in mente quella storia che mi ero sognata da piccola::::come spiegate questo evento..dopo tutti questi anni noi siamo devoti al Santo e lo raggiungiamo ogni anno....grazie San NICODEMO.....

IL TESTO E' COPIA ORIGINALE DI QUELLA TRASMESSA SULLA PAGINA SEGUENTE DI FACEBOOK https://www.facebook.com/pages/San-Nicodemo/179410298737 DAL SIGNOR GALLO VINCENZO. 
EVENTUALI ERRORI GRAMMATICALI O DI BATTITURA SONO STATI LASCIATI PER GARANTIRE L'ORIGINALITA' DEL TESTO.

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